giovedì 18 febbraio 2010
Ingiustizia è fatta
Di seguito riporto parti della richiesta di archiviazione del pubblico ministero ,per il procedimento penale inerente un processo di malasanita', per danno alla nascita causato dai medici:
1-"Rilevato che,come evidenziato dalla Consulenza Tecnica del P.M.,molteplici e gravissime sono state le violazioni delle regole d'arte medica che hanno portato il piccolo S. ad avere gravissime lesioni..."
2-"Rilevato che è assolutamente certo che fin dal... il feto era in ambiente ostile e che fin da tale data era essenziale procedere a stimolare il parto..."
3-""che durante il parto sono state eseguite manovre oramai considerate obsolete e pericolose..."
4-"che è mancata un'anamnesi completa e accurata..."
5-"ritenuto dunque provato che le lesioni a S. sono derivate da comportamento negligente ed imperito del personale sanitario..."
6-"gravi discordanze nelle cartelle cliniche..."
in conclusione,si deve ribadire come risulti assolutamente accertata la riferibilita' delle lesioni subite dal piccolo S. alle condotte gravementi colpose complessivamente tenute dal personale sanitario...non è possibile concentrare tale responsabilita' ad un soggetto determinato e si chiede
l'archiviazione del caso...
Nessun colpevole.
In tutto cio' mettiamoci di mezzo che nel giro di quattro anni si è dovuto cambiare medico legale per ben tre volte,in quanto i primi due non hanno voluto proseguire con una valutazione di parte,sicuramente per non intaccare i propri rapporti personali con la procura,che i carabinieri solo per prendere visione della denuncia han fatto passare piu' di un anno,si è arrivati al punto che i nostri cari medici "mafiosi"volevano:tra sei mesi cade in prescrizione la procedura penale e quindi anche se colpevoli,non saranno mai giudicati.
Tutto cio' mette in luce la grave collusione politico-affaristico-mafiosa,che collega la super casta dei medici ,con quella di avvocati,magistrati e pubblici ministeri e al solito l'utente viene divorato da questa feccia...e di nuovo ingiustizia è fatta.
martedì 9 febbraio 2010
Nassirya:i vostri eroi umiliati dal governo Berlusconi.
Tenente Massimiliano Ficuciello,Luogotenente Enzo Fregosi,aiutante Giovanni Cavallaro,aiutante Alfonso Trincone,maresciallo Alfio Ragazzi,maresciallo Massimiliano Bruno,maresciallo Daniele Ghione,maresciallo Filippo Merlino,maresciallo Silvio Olla,vice brigadiere Giuseppe Coletta,vice brigadiere Ivan Ghitti,appuntato Domenico Intravaia,carabiniere Horatio Maiorana,carabiniere Andrea Filippa,caporal maggiore Emanuele Ferraro,caporale Alessandro Carrisi,dottor Stefano Rolla,signor Marco Beci.Il 12 novembre 2003,alle ore 10.40 (ora irachena),con un attentato perdevano la vita 28 persone ,di cui 19 italiani, a Nassirya.
Alle famiglie di questi caduti sul lavoro vorrei rivolgere il mio scritto:a voi che con qualche migliaio di euro di assicurazione hanno pagato la vita dei vostri cari,a voi che stringete le mani ai rappresentanti di questo governo e che siete contenti quando ogni anno si commemora l’anniversario della strage,tra alte cariche dello stato e rappresentanti militari,a voi che dormite con una medaglia al valore accanto e che siete fieri del sacrificio fatto per la vostra patria a voi dico che questo governo ha disonorato e ha sputato sulle vite dei vostri morti :
in data 29 dicembre 2009 e con pubblicazione sulla gazzetta ufficiale in data 31 dicembre,tra le norme che fanno parte della legge sul rifinanziamento delle missioni italiane all’estero,il comma 8° annulla di fatto i processi in corso nei confronti degli ufficiali indagati per imprudenza, imperizia,negligenza, a seguito della strage suddetta.Le accuse si riferivano ad esempio al fatto di aver fatto riempire i blocchi anti-carro,non di sabbia,ma di ghiaia e sassi,che con l’esplosione si son trasformati in proiettili,al fatto che il deposito munizioni era stato creato a ridosso degli alloggi e per aver sottovalutato gli avvisi di allarme ricevuti prima dell’attentato.
Da oggi i tribunali militari per procedere contro un militare o un ufficiale deve avere prima il lascia passare dal ministro della difesa,cioè dovrebbe essere La Russa a dire al tribunale di indagare e giudicare il generale dell’esercito Bruno Stano,il comandante dei carabinieri e della missione “Antica Babilonia”Georg Di Pauli e il generale Vincenzo Lops,cosa che non accadra’ mai e qui possiamo metterci sopra qualsiasi scommessa.
C’è comunque da dire che il generale Stano,condannato inizialmente a due anni,è stato di seguito assolto,non per non aver commesso il fatto ma perche’ ha ubbidito a ordini superiori,che anche il generale Vincenzo Lops con varie scusanti trovate a pennello è stato assolto e che rimane cosi’ in gioco il processo Di Pauli,che avra’ la prossima udienza il 27 Febbraio e che con tutta probabilita’ sara’ l’ultima dopodiché l’insabbiamento sara’ completo.
Gli avvocati delle famiglie vogliono fare presente il tutto ai garanti della costituzione ,perche’ ritengono incostituzionale la norma,ma sta di fatto che gia’ è stata accettata e pubblicata e quindi è in vigore…
A voi famiglie rivolgo questo scritto:non date la mano agli assassini dei vostri cari,non accontentatevi del giorno della commemorazione o di pochi euro schifosi…no!!!Urlate anche voi l’ingiustizia che vi ha colpito,insieme alle famiglie di migliaia di altri morti sul lavoro,perche’ questo sono i militari suddetti;gente morta in guerra (e non in missione di pace).
mercoledì 27 gennaio 2010
Bertolaso:mafia,affari e lobby nel governo Berlusconi.
Figlio del vicentino Giorgio, generale di Squadra Aerea ed ex Direttore Generale dell'Aeronautica Militare e nipote del cardinale Camillo Ruini.
Guido Bertolaso risulta tra gli indagati nell'ambito dell'inchiesta "Rompiballe" per traffico illecito di rifiuti e truffa ai danni dello Stato.
Inizio’ la sua carriera lavorando come medico nei paesi del terzo mondo a spese della Farnesina e la sua arroganza lo porto’ ad un contrasto acceso con l’allora direttore della cooperazione Galli e fu’ licenziato.Dopo essere passato all’Unicef e aver avuto un altro duro scontro con l’allora ministro Lamberto Dini sembrava professionalmente morto,ma la sua fortuna arriva con Berlusconi e di Letta che ,dopo lo scandalo degli aiuti in Albania,con decreto governativo,accorporano parte dell’istituto in un dipartimento a carico della presidenza del consiglio e ne affidano la direzione a Bertolaso;con lo stesso decreto,vengono affidate alla protezione civile oltre che gli eventi catastrofici,anche le manifestazioni di massa,con tanto di potere di firma data a Bertolaso,che disponeva a modo suo dei soldi dello stato.
La firma del dottorino porto’ fortuna a Berlusconi che disponeva eventi e li faceva firmare ,con l’uscita di ingenti somme dalle casse statali.
A poche ore dalle catastrofi Bertolaso ottiene le ordinanze che gli affidano la gestione dei fondi privati raccolti attraverso i gestori telefonici, compresi quelli per l'immane tragedia causata dallo tsunami in Indonesia, che gestirà in tandem con Giulio Andreotti.
Tra il 2003 e il 2004 è nominato Commissario straordinario del governo per la prevenzione da rischi Sars, con l'interesse, in combutta con il ministro Storace e con le case produttrici di vaccini, ad alimentare la campagna mediatica di stampo terroristico sulla fantomatica epidemia. Dell'epidemia vera di tumore da inquinamento di rifiuti tossici in Campania non gli giunge sentore, anzi si adopera per occultare i dati, Sempre in veste di Commissario, e questa volta nominato dal democristiano Prodi, lo ritroviamo nel 2007 all'"emergenza incendi", che tutti sanno servono ai palazzinari per cementificare l'Italia. Risultato? Di mappatura delle zone bruciate e di un catasto comunale degli incendi neanche l'ombra, ogni anno migliaia di ettari di bosco, soprattutto al Sud, vanno in fumo!
Per questi grandi meriti la nascente terza repubblica neofascista lo ricopre di onorificenze, l'ultima, su proposta ovviamente della presidenza del Consiglio dei ministri, è quella di Cavaliere di Gran Croce, Ordine al Merito della Repubblica italiana! Da segnalare infine che dal 24 febbraio 2008 Bertolaso è socio onorario dell'Associazione Italiana esperti in Infrastrutture Critiche (AIIC), una potente lobby di esperti in settori strategici, di stampo piduista, che si occupa di "sistema elettrico, reti di comunicazione, reti di trasporto (aereo, navale, ferroviario e stradale), sistema sanitario, circuiti finanziari, reti a supporto del governo, come quelle per la gestione delle emergenze", che vede tra gli altri soci onorari il prefetto Annamaria D'Ascenzo (capo Dipartimento Difesa Civile e Vigili del Fuoco), Mauro Masi (presidenza del Consiglio dei ministri), Domenico Vulpiani (Direttore Capo Polizia postale e delle Comunicazioni).
Insomma Bertolaso sembra al vertice di una piovra affaristica, la qualcosa per inciso oltre che il disprezzo delle popolazioni campane sembra avere generato qualche invidia ed ostilità da parte delle lobby dei diplomatici e del capo della CRI, il forzaitaliota Maurizio Scelli.
Infine voglio ricordare la gestione dei fondi e degli appalti inerenti l’emergenza terremoti in Abruzzo: La gestione opaca di miliardi di euro da parte del Dipartimento di Protezione civile non è più solo un problema di trasparenza, di infiltrazioni criminali o di commistione tra Affari & Politica.
Ormai assume i contorni di un sistema ben oliato che consente ad amici e amici degli amici di spartirsi la ricca torta dell’emergenza e della ricostruzione. Un sistema che permette di aggirare regole e norme dello stato di diritto e operare, con il pretesto dell’emergenza, in deroga a tutto, anche alla Costituzione.
Un sistema che, all’occorrenza, interviene persino per aggirare ed eludere i controlli. Vediamo come tutto ciò è reso possibile dalla Protezione civile targata Bertolaso.
Sempre peggio. La gestione dell’affare bagni chimici e le forniture di beni e servizi della prima emergenza, le modalità in cui sono avvenuti i ritiri dei certificati antimafia a varie ditte (tra cui l’Impresa Di Marco srl), il subappalto senza gara a una ditta del senatore nonchè coordinatore del Pdl in Abruzzo Filippo Piccone, l’inchiesta della Procura di Pescara sulla realizzazione degli uffici Asl di L’Aquila oppure quella sulla costruzione della nuova Casa dello studente da parte della regione Lombardia, sono tutti casi che presi singolarmente fanno pensare a qualcosa che non funziona per semplice incapacità di chi gestisce e coordina. Ma se si prova a guardare il problema da un’altra ottica, cioè se si ipotizza che invece il sistema messo in piedi a L’Aquila è stato plasmato dal Dipartimento di Protezione civile proprio per poter ottenere questi effetti, allora ci si rende conto che il sistema funziona alla perfezione. E il panorama che emerge è da far tremare i polsi.
Ecco chiaro adesso chi è il tanto osannato uomo che cammina fianco a fianco col capo dei capi Berlusconi…un altro braccio di quella che è una delle piu’ crudeli e assurde piovre mafiose di questo secolo in Italia.
fonti:Pmli-Biografia di Bertolaso.
Teramo-news.
Indicius.it.
Wikipedia.
Me stesso.
venerdì 22 gennaio 2010
Amore e morte
Gli occhi del buio,offuscati da nuvole rosso-grigio e sempre piu' paurosamente tetre,sembrano parlarmi;il fumo di una Lucky Strike Silver sembra ricreare davanti a me lo stesso effetto,rendendo gotiche un insieme di immagini che di giorno tutt'altro sono che meste.
Lei è lì,davanti a me ,appoggiata,anzi seduta scompostamente vicino al muro limitatorio della terrazza.
Il pub,i Bauhaus,gli acidi ci avevano tarsportato insieme in una casa poco distante,ove lei viveva da sola in attesa di altre ragazze studentesse del primo anno di medicina,che iniziavano le lezioni una settimana dopo lei;mi aveva fatto adagiare su un divano rosso porpora con un tavolino in vetro davanti, ove stava appoggiato un testo inerente fisiopatologia e tecniche di non so spiegare cosa;vidi una foto dove stava abbracciata con un ragazzo ,felicemente tristi nei loro finti sorrisi e capii che quello doveva essere il suo fidanzato.
Mi portò un bicchiere di Coca-Buton,mentre lei preferiva crearsi miscugli di roba varia che chiamava cocktail.
Era il mondo a girare intorno a noi,mentre le menti si perdevano nell'assolo infinito di "In a gadda da vida",che usciva fuori da un Lp,messo su uno stereo primex,scassato ma funzionante;sesso,alcool,vomito e sonno e di nuovo dall'inizio,facendoci sempre piu' male;riguardai quella foto e lei che si muoveva su di me in estasi,strafatta e gaudente;la rabbia nei miei occhi e fremiti mi attraversarono il corpo;non so che sembianze stava assumendo davanti ai miei alterati sensi ma non mi piaceva;mi alzai di colpo,facendola cadere a terra,mi ci sedetti sopra e affondai le dita alla gola;poi mollai la presa ma cominciai a riempirla di pugni sino a farla svenire:
Ora lei era lì,davanti a me,sconvolta,incredula,senza forze ed io come un dio a guardarla,giudicarla e a infliggerle la giusta punizione per il suo tradimento;la fissavo e lei anche,con paura e ansia;mi avvicinai accarezzandola,mentre delle lacrime le scalfivano il viso.
Soffriva,mi implorava di lasciarla stare ed io dall'alto del potere auto-conferitomi decisi:il movimento fu velocissimo e secco,il suo collo cadde sulla spalla,ipotonico,mentre la morte venive a prelevare colei che aveva trasgredito,portandola con se' lontana da ogni altra tentazione.
sabato 16 gennaio 2010
26 anni -l'omicidio Fava
Giuseppe Fava nacque a Palazzolo Acreide(sr) nel 1925. è stato uno scrittore, giornalista e drammaturgo italiano, oltre che saggista e sceneggiatore.
Alle ore 22 del 5 gennaio 1984 Giuseppe Fava si trovava in via dello Stadio e stava andando a prendere la nipote che recitava in Pensaci, Giacomino! al Teatro Verga. Aveva appena lasciato la redazione del suo giornale. Non ebbe il tempo di scendere dalla sua Renault 5 che fu freddato da cinque proiettili calibro 7,65 alla nuca. Inizialmente, l'omicidio venne etichettato come delitto passionale, sia dalla stampa che dalla polizia. Si disse che la pistola utilizzata non fosse tra quelle solitamente impiegate in delitti a stampo mafioso. Si iniziò anche a frugare tra le carte de I Siciliani, in cerca di prove: un'altra ipotesi era il movente economico, per le difficoltà in cui versava la rivista.
Anche le istituzioni, in primis il sindaco Angelo Munzone, diedero peso a questa tesi, tanto da evitare di organizzare una cerimonia pubblica alla presenza delle più alte cariche cittadine. Le prime dichiarazioni ufficiali furono clamorose. L'onorevole Nino Drago chiese una chiusura rapida delle indagini perché «altrimenti i cavalieri potrebbero decidere di trasferire le loro fabbriche al Nord». Il sindaco ribadì che la mafia a Catania non esisteva. A ciò ribatté l'alto commissario Emanuele De Francesco , che confermò che «la mafia è arrivata a Catania, ne sono certo», e il questore Agostino Conigliaro, sostenitore della pista del delitto di mafia.(fonti Wikipedia).
Nel suo articolo “I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa”,Fava mette in luce fatti e nomi inerenti gli affari e la connivenza tra imprenditorialita’,politica e mafia.
A questo punto della storia dunque avanzano sul palcoscenico i quattro cavalieri di Catania, loro avanti di un passo e dietro una piccola folla di aspiranti cavalieri di ogni provincia del Sud, affabulatori, consiglieri, soci in affari, subappaltatori. Chi sono i quattro cavalieri di Catania? E’ una domanda importante ed anche spettacolare poiché i quattro personaggi sembrano disegnati apposta per costituire spettacolo. Profondamente dissimili l’uno dall’altro, nell’aspetto fisico e nel carattere. Costanzo massiccio e sprezzante, Rendo improvvisamente amabile e improvvisamente collerico, Finocchiaro soave, silenzioso e apparentemente timido, Graci piccolino e indefettibilmente gentile con qualsiasi interlocutore, vestono però tutti alla stessa maniera, almeno nelle apparizioni ufficiali, abito grigio o blu anni cinquanta, cravatta, polsini, di quella eleganza senza moda proprio dell’industriale self-made-man. Tutti e quattro hanno imprese, aziende, interessi in tutte le direzioni, industrie, agricoltura, edilizia, costruzioni. Non si sa di loro chi sia il più ricco, a giudicare dalle tasse che paga sarebbe Rendo, ma altri dicono sia invece Costanzo, il più prepotente, l’unico che abbia osato pretendere e ottenere un gigantesco appalto a Palermo; altri ancora indicano Graci, proprietario di una banca che, per capitali, è il terzo istituto della regione. La ricchezza di Finocchiaro non è valutabile. Molti ancora si chiedono: ma chi è questo Finocchiaro. Costanzo costruisce di tutto. Case popolari, palazzi, villaggi turistici (la Perla Jonica, sulla costa di Catania, ha nel suo centro un palazzo dei congressi che non esiste nemmeno a Roma, i partecipanti al congresso nazionale dei magistrati in cui era appunto all’ordine del giorno la lotta contro la mafia, improvvisamente si accorsero di essere riuniti e di lavorare in uno dei templi del potere di Costanzo). Costanzo costruisce anche autostrade, ponti, gallerie, dighe; e possiede anche le industrie necessarie a produrre tutto quello che serve alle costruzioni: travature metalliche, macchine, tondini di ferro, precompressi in cemento, infissi in alluminio, tegole, attrezzature sanitarie. Un impero economico autonomo che non deve chiedere niente a nessuno. Poche aziende in Europa reggono il confronto per completezza di struttura. Ha un buon pacchetto di azioni in una delle più diffuse emittenti televisive private. E’ anche presidente e maggiore azionista della Banca popolare. Rendo ha interessi più diversificati, diremmo più moderni, almeno culturalmente la sua azienda sembra un gradino più in alto. Anche lui costruisce case, palazzi, ponti, autostrade, dighe, ma possiede anche aziende agricole modello che guardano con estrema attenzione agli sviluppi del mercato europeo e alle ultime innovazioni tecniche. Ha un suo piccolo fiore all’occhiello, una fondazione culturale che destina fondi alla ricerca scientifica a livello universitario. Quanto meno ha capito che i soldi non possono servire soltanto a produrre altri soldi. La sede della holding è il ritratto stesso dell’azienda, una serie di palazzi di acciaio, alluminio e metallo, l’uno legato all’altro, sulla cima di una collina alle spalle di Catania, una immensa sagoma grigia e azzurra, come tre palazzi della RAI di via Mazzini, incastrati insieme, e circondati da un immenso giardino al quale si accede soltanto per un ingresso sorvegliato da uomini armati. Sembra il passaggio di un confine. Anche Rendo naturalmente ha la sua televisione privata con la quale garbatamente interviene nella informazione della pubblica opinione.
Costanzo, il più plateale, chiaramente tuttavia portavoce di tutti e infatti mai smentito, dichiari spavaldamente al massimo giornale italiano: "Abbiamo deciso di aggiudicarci tutte le operazioni e gli appalti più importanti, quelli per decine o centinaia di miliardi, lasciando agli altri solo i piccoli affari di due o tre miliardi, tanto perché possano campare anche loro!"
Il livello piu’ alto di tutti in questa storia di mafia è quello politico;
Fava ci fa capire la funzione della politica con una storia: Nel paese di Camporeale, provincia di Palermo, nel cuore della Sicilia, assediato da tutta la mafia della provincia palermitana c’è un sindaco democristiano, un democristiano onesto, di nome Pasquale Almerico, il quale essendo anche segretario comunale della Dc, rifiutò la tessera di iscrizione al partito ad un patriarca mafioso, chiamato Vanni Sacco ed a tutti i suoi amici, clienti, alleati e complici. Quattrocento persone. Quattrocento tessere. Sarebbe stato un trionfo politico del partito, in una zona fin allora feudo di liberali e monarchici, ma il sindaco Almerico sapeva che quei quattrocento nuovi tesserati si sarebbero impadroniti della maggioranza ed avrebbero saccheggiato il comune. Con un gesto di temeraria dignità rifiutò le tessere. Respinti dal sindaco, i mafiosi ripresentarono allora domanda alla segreteria provinciale della Dc, retta in quel tempo dall’ancora giovanile Giovanni Gioia, il quale impose al sindaco Almerico di accogliere quelle quattrocento richieste di iscrizione, ma il sindaco Almerico, che era medico di paese, un galantuomo che credeva nella Dc come ideale di governo politico, ed era infine anche un uomo con i coglioni, rispose ancora di no. Allora i postulanti gli fecero semplicemente sapere che se non avesse ceduto, lo avrebbero ucciso, e il sindaco Almerico medico galantuomo, sempre convinto che la Dc fosse soprattutto un ideale, rifiutò ancora. La segreteria provinciale si incazzò, sospese dal partito il sindaco Almerico e concesse quelle quattrocento tessere. Il sindaco Pasquale Almerico cominciò a vivere in attesa della morte. Scrisse un memoriale, indirizzato alla segreteria provinciale e nazionale del partito denunciando quello che accadeva e indicando persino i nomi dei suoi probabili assassini. E continuò a vivere nell’attesa della morte. Solo, abbandonato da tutti. Nessuno gli dette retta, lo ritennero un pazzo visionario che voleva solo continuare a comandare da solo la città emarginando forze politiche nuove e moderne. Talvolta lo accompagnavano per strada alcuni amici armati per proteggerlo. Poi anche gli amici scomparvero. Una sera di ottobre mentre Pasquale Almerico usciva dal municipio, si spensero tutte le luci di Camporeale e da tre punti opposti della piazza si cominciò a sparare contro quella povera ombra solitaria. Cinquantadue proiettili di mitra, due scariche di lupara. Il sindaco Pasquale Almerico venne divelto, sfigurato, ucciso e i mafiosi divennero i padroni di Camporeale. Pasquale Almerico, per anni, anche negli ambienti ufficiali del partito venne considerato un pazzo alla memoria.
Il potere politico che nasconde, protegge, mimetizza, informa, contratta, archivia. Il potere politico che stabilisce la spesa di migliaia di miliardi per opere pubbliche, determina l’ubicazione e consistenza delle opere, ne affida gli appalti. Il presidente della regione Pier Santi Mattarella, anche lui democristiano onesto, venne ucciso perché aveva deciso di spendere onestamente i mille miliardi della legge speciale per il risanamento di Palermo. Quasi certamente fra coloro che assistettero commossi ai funerali, espressero sincere condoglianze, e baciarono la mano alla vedova, c’erano i suoi assassini. Probabilmente gli stessi che avevano seguito dolorosamente i funerali del vice questore Boris Giuliano, del giudice istruttore Cesare Terranova, del procuratore della repubblica Gaetano Costa, del segretario comunista Pio La Torre. Tutti e quattro assassinati poiché stavano già scoprendo i punti di sutura fra politica e mafia.
26 anni son passati da allora e nessuno ha piu’ citato Fava,neanche i giornali hanno fatto caso all’anniversario e mentre la politica fa finta di niente per lavorare tranquillamente in accordo con i poteri mafiosi,muiono i ricordi di chi ha dato la vita per un valore di onesta’ e anti-mafia oggi calpestato e deriso.
"fonti:Wikipedia,i quattro cavalieri di Giuseppe Fava,I siciliani-periodico."
sabato 9 gennaio 2010
Termini Imerese-stato d'assedio.
Giorno 22 Dicembre,due prima delle festivita’ natalizie,l’ad del Lingotto,Sergio Marchionne,annuncia che da dicembre 2011 ci sara’ lo stop della produzione auto a Termini Imerese.
«L'unico modo per risolvere il nodo Termini sarebbe spostare la Sicilia e metterla vicino a Piemonte o Lombardia. Se Lombardo è capace di fare questo, che Dio lo benedica»,ha continuato con astio lo stesso ad,dopo le proteste di varie parti sociali alla notizia.
La prima constatazione da fare è che,non preservando il presidio industriale,il territorio stesso sara’ sempre piu’ lasciato nelle mani della mafia,che trova un ottimo punto di prelievo manodopera nella disperazione di chi perde il posto di lavoro e deve mantenere se’ e la sua famiglia.
Si parla dell’interessamento del gruppo cinese Chery che sarebbe disponibile a valutare il dossier Termini Imerese se la Fiat dovesse mettere sul mercato lo stabilimento siciliano, dopo aver deciso di non produrre più auto, a partire dal 2012.Sicuramente l’interesse del gruppo cinese alla fabbrica siciliana,non sarebbe dettato dalla volonta’ di preservare i posti di lavoro,bensì da quella di crearsi uno snodo importante verso il mercato nordafricano che interessa fortemente la politica economica di Pechino.
Nello stabilimento fiat e nelle aziende dell’indotto lavorano circa 2200 persone,in un’area dove il livello di disoccupazione è doppio rispetto al resto d’Italia, il territorio stesso, negli ultimi quarant'anni, ha sacrificato il turismo e la sua splendida costa subendo una destinazione industriale che ora potrebbe svanire per mano di un piano industriale che vuol chiudere una positiva esperienza produttiva di auto a Termini Imerese (come risulta anche dall’appello dell’amministrazione comunale).
Marchionne ha anche annunciato che per porre un limite ai danni saranno investiti 8 miliardi di euro in due anni per il piano Italia,ma ha dimenticato a precisare che saranno fondi destinati perlopiu’ alla ricerca e sviluppo e finiranno in altre strade, quelle della globalizzazione in Serbia, Turchia, forse India e Cina;resta da capire quali dei 17 nuovi modelli annunciati dal Lingotto per i prossimi due anni (più 13 restyling) saranno davvero “made in Italy”, alla luce anche delle nuove sinergie con Chrysler, che porteranno ad esempio in Usa la produzione dei motori 1.4 MultiAir a benzina.
30 anni fa,fu la stessa regione Sicilia ad investire in questo progetto di industrializzazione della zona est di Termini,su terreni prima interessati da coltivazioni specializzate e destinate a quello che doveva essere l’inizio di un forte sviluppo industriale della zona stessa.
Oggi la Fiat precisa che la dismissione dello stabilimento è da collocare alla produzione continuamente in perdita;preciserei invece che tutta la gestione dell’area è stata fallimentare:non si è riusciti a creare un piu’ ampio settore dell’indotto;non si è creato uno sbocco commerciale con gli altri paesi del mediterraneo e non si sono realizzate infrastrutture sulle quali molti politici hanno costruito la propria campagna elettorale(vedi il porto di Termini).
Tutto cio’ dovuto alla massiccia presenza della mafia e alla non volonta’ di combatterla;si sono create le solita lobby clientelari e le risorse per le infrastrutture sono state disperse in migliaia di rivoli per alimentare clientele esigenti e affamate.
Alla notizia della chiusura varie sono state le reazioni sindacali:
"Siamo molto amareggiati per la decisione della Fiat, ufficializzata da Sergio Marchionne, di non produrre piu' auto a Termini Imerese. Non possiamo accettarlo. La reazione del sindacato e dei lavoratori sarà dura”-afferma il segretario della Uilm di Palermo, "Marchionne con questo piano non solo manda alla fame i lavoratori, Termini Imerese e Pomigliano d'Arco in primis, ma chiede addirittura al Governo il lasciapassare per delocalizzare. Sara' un Natale di lotta. Il Governo, a questo punto, scelga da che parte stare: con i lavoratori o con Marchionne?"ribadisce Pignatiello ,coordinatore del Pdci-federazione della sinistra.
Ma tutto finisce in queste parole tirate lì per colpire durante i servizi giornalistici,mentre nessuno si è presa la briga di andare direttamente a convocare i lavoratori ,senza la presenza di cariche esterne e spiegare loro come lottare e cosa fare per ottenere di nuovo la dignita’ di lavoratori rubata spesso dalla macchina capitalista,accompagnata dall’accondiscendenza dei partiti e dei sindacati sia di destra che di questa nuova pseudo-sinistra che nulla conserva delle basi rivoluzionarie e proletarie delle origini.
Io credo,oggi piu’ di ieri, che si sente la necessita’ di una svolta storica;assume sempre piu’ valore,e non è obsoleto,parlare di rivoluzione comunista e di classi sociali e nella rivoluzione comunista i lavoratori e i proletari hanno da perdere unicamente le loro catene;si deve tornare a parlare di rovesciamento del dominio borghese per reimpossessarsi dei mezzi di produzione che essi hanno accentrato nelle proprie mani e restituire così alla classe operaia quanto ha prodotto e quanto le è stato rubato durante il lavoro svolto per la classe capitalista.
A Termini Imerese,come in tante altre fabbriche,l’opeario ha venduto la propria forza lavoro tramite corrispettivo di un salario che si riduce alla copertura del fabbisogno e del sostentamento proprio e familiare.Finito il suo scopo il capitalista,butta via gli operai come merce obsoleta,ricreando le condizioni a lui piu’ congeniali in paesi ove puo’ di nuovo sfruttare la massa popolare.
L’Italia in particolare non si è ancora liberata da cio’ che il regime democristiano mise in piedi,ovvero quel movimento di parassitismo che ha visto molte attivita’ corporative,seppur deboli,legarsi allo stato per ricevere finanziamenti e quindi l’idea di un consorzio bancario che salvaguardi i colossi industriali in sfacelo,considerando le esigenze del padrone e non del lavoratore.E’ giunto quindi anche il momento di riunificare lo sciopero economico con quello politico,per riportare la massa verso un movimento atto al miglioramento delle condizioni di vita per elevarsi moralmente,intellettualmente e politicamente.La lotta di classe sara’ matura quando riuscirà a prendere nella politica l’elemento essenziale ovvero la struttura del potere dello stato;la mancata resistenza operaia precipitera’ gli stessi in uno stato di enorme miseria,quindi da questa dovra’ prendere le proprie basi di partenza la resistenza stessa.E’ auspicabile una riorganizzazione delle organizzazioni operaie e dei sindacati operai,per rendere il piu’ possibile “metodica e sistematica”la partecipazione del lavoratore alla rivoluzione e ai movimenti sovversivi dello stato di cose attuale.
giovedì 7 gennaio 2010
L'odore del pane.
L’odore del pane appena sfornato era come un elisir che mandava in estasi la mia mente; prendevo il nonno per la mano e tirandolo lo pregavo di portarmi al panificio quasi di fronte casa, per guardare come, quella donna così anziana e pure così vigorosa, riuscisse a dare a quell’insignificante ammasso di lievito,acqua ,farina e sale,l’aspetto così bello che poi,uscito dal forno,emanava anche il profumo che oggi in pochi ricordiamo.
E la guardavo mentre col coltello,infliggeva alla pasta alcune larghe ferite e ridendomi chiedeva se ne volevo un po’;mi piaceva il sapore della pasta prima che fosse infornata,tutte le frattaglie che rimanevano sul tavolo le prendevo ,ne facevo una piccola palla e pian piano le mangiavo:
Il forno a legna,la signora,quel casolare e mio nonno,quel piccolo orticello dove peperoni,pomodori e lattuga convivevano tranquillamente,l’immagine completa di cio’ che dava alla mia età una sensazione di serenità quasi assoluta.
Pochi minuti fa,mi son recato presso il panificio vicino casa,dove oggi abito da sposato;ho guardato il proprietario:il sudore si faceva strada sul suo viso,superando le difficoltà create dalle rughe e dalla fronte corrugata dell’uomo.
Mi saluta e con un sorriso amaro muove la testa a destra e sinistra ,facendomi capire che così non si puo’ andare avanti;quel caldo e lo stress che accompagna la giornata,gli crea molti problemi di salute e il medico gli ha sconsigliato vivamente di continuare a lavorare in quelle condizioni.
Facile a dirsi,mi spiega;ha cinquant’anni e sin da piccolo è cresciuto con quel mestiere in mano;adesso mantiene la famiglia, gli studi dei figli e da qualche parte i soldi devono arrivare,allora abbassa la testa mestamente e ridisegnandosi quel sorriso in viso,mi chiede quanti pani voglio.
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