Incredibili ma non nuove. Sono le parole che Joseph Ratzinger ha pronunciato sull'aereo papale che lo portava in Camerun per una visita transcontinentale rivolta a tutta l'Africa e che ha come punto di diffusione del pensiero pontificio il cattolico presidente dello stato di Douala. Alla domanda dei giornalisti sui profilattici e sulla prevenzione che possono avere sullo sviluppo dell'Hiv nel continente nero, Ratzinger risponde letteralmente: " Non si può superare questo problema dell'Aids solo con slogan pubblicitari, non si può superare con la distribuzione di preservativi che, al contrario, aumentano il problema".
Lo strumento che "preserva" diventa per il papa uno strumento di impiccio, quasi un incentivo alla diffusione della malattia. Il magistero clericale, infatti, prevede note a margine che specificano le proprietà negative del preservativo e che sarebbero tutte poi condensabili nel suo uso-abuso che incentiverebbe l'azione amatoria e sessuale della popolazione. Insomma, troppo sesso al Vaticano non piace. Magari è possibile ridurre la quantità delle prestazioni mantenendo però un alto tasso di probabilità di contrarre il virus dell'Hiv anche con pochi rapporti.
E' un filone di pensiero, questo, che non ci consente di leggere nelle sue parole un minimo di sensatezza e di amore verso quella vita che il Vaticano proclama sacra, intangibile dall'uomo sin dall'embrione.
Eppure nell'Africa delle missioni anche cattoliche, ci sono religiosi che, vivendo la loro quotidianità in mezzo alle sofferenze di centinia di migliaia di malati di Aids, distribuiscono preservativi alle donne e agli uomini affinché prevengano la malattia e possano evitare, eventualmente, di trasmetterla ad altri.
Un aiuto piccolo ma necessario alla spaventosa diffusione dell'Hiv in Africa: in Sudafrica, Namibia e dintorni oltre il 25 - 30% della popolazione è stato contagiato. Non meno bene va anche nell'Africa Subsahariana, mentre si salvano solamente Libia, Tunisia ed Egitto (oltre alla zone dei Saharawi), dove praticamente l'infezione è a livelli europei.
In questo dramma frutto della povertà, frutto dell'impossibilità alla cura a causa del costo delle medicine, in questa pandemia che è sotto gli occhi di tutti, Ratzinger attacca quello che è un alleato sicuro contro l'espansione di un virus per il quale non è ancora stata trovata una cura definitiva, che lo escluda dai portatori di sicura morte.
Però, più tardi, il pontefice si corregge un poco e afferma che è sempre più necessario avere delle cure gratuite per i malati di Aids. Una via che già è stata adottata dal paese che lo ospita, quel Camerun dove da cinque lustri governo sempre lo stesso presidente, Paul Bya, un cattolico sul quale Roma sembra fare forte affidamento, perchè - sono sempre parole del papa - "la Chiesa è ben piazzata in Camerun".
Buon per loro. Ma il messaggio di contrarietà al condom è comunque sempre frutto di sentimenti etici e politici che sovrastano il bene o il male delle persone e che rispondono solamente alla conservazione della tradizione ecclesiastica e che, pertanto, non possono piegarsi a quel volere divino che include anche la sofferenza.
Dicendo quello che ha detto, il pontefice trasmette sensi di colpa, inibizioni e pregiudizi che si sommano alle già tante sofferenze degli africani. Le paure della chiesa, e le sue fissità tradizionaliste, sono peggio di una malattia, perché sono per milioni di persone il cammino su cui avviarsi per la salvezza, a costo di enormi sacrifici. Ma può la salvezza dell'anima passare per la contrazione dell'Hiv qui, nella vita terrena?
E' una domanda che i teologi aggirerebbero con argomentazioni e speculazioni di ore e ore. Ma resta, nonostante tutto, una domanda inevasa.